Dieci minuti di meditazione sul benessere degli altri possono aiutarci a sentirci gioiosi per tutto il giorno, anche prima del caffè.
XIV Dalai Lama – Tenzin Gyatso
LA PRATICA DELLA MEDITAZIONE
La pratica della meditazione ha due aspetti:
- la meditazione seduta;
- la meditazione in azione.
LA MEDITAZIONE SEDUTA
La meditazione seduta consiste nell’entrare nella giusta relazione con i pensieri e le emozioni ovvero con “l’altro in sé”. Essa richiede l’armonizzazione di corpo e mente.
A livello del corpo assumiamo un postura che favorisce il rilassamento e la lucidità e a livello della mente sviluppiamo un attitudine di presenza disimpegnata o accoglienza neutra. Non si tratta di fabbricare uno stato di pace, ma di abbandonare il funzionamento abituale con i nostri pensieri che consiste nel rifiutare quelli che non ci piacciono e seguire quelli che viceversa ci gratificano.
Dall’abbandono della fissazione e della reazione al pensiero, si sviluppa naturalmente uno stato di pace, di lucidità e di sensibilità. Ci apriamo all’esperienza e in un certo senso ci esponiamo ad essa così com’è, senza voler produrre uno stato meditativo particolare.
Abbiamo accennato che meditare consiste nel coltivare una presenza disimpegnata. Per presenza s’intende uno stato di vigilanza, di recettività e disponibilità verso la totalità dell’esperienza. Essa non è concentrazione, che implica ancora una centralizzazione, ma è piuttosto una decentralizzazione che comporta un’apertura alla totalità dell’esperienza.
Per quanto riguarda la coscienza disimpegnata essa consiste nel non fissarsi su nessuno degli elementi che emergono nella nostra stessa esperienza. Coltivando continuamente questa presenza disimpegnata e lasciando la mente al riposo, si giunge all’esperienza della trasparenza in cui c’è l’esperienza, ma noi non ci siamo: colui che reagisce, il testimone dell’esperienza è partito in vacanza!
Ma ciò che rimane non è un’assenza di intelligenza, ma al contrario uno stato di pienezza, di lucidità e di sensibilità. Ciò che è assente sono le nostre fissazioni. Tale stato è detto “vacanza di pienezza”.
Nella meditazione ci si aiuta con dei supporti, uno particolarmente utilizzato ed efficace è il respiro, un supporto neutro che non include implicazioni concettuali ed è sempre disponibile. Nell’apertura, poggiamo la nostra attenzione sul respiro senza però cadere nella concentrazione, manteniamo un atteggiamento di apertura. Il respiro ci permette di fare un passaggio importante che è quello che procede dalla distrazione alla presenza: si riconosce il pensiero, ci si poggia sul respiro ed in particolare sull’espirazione e successivamente si abbandona anche il supporto del respiro.
Abitualmente siamo attenti alle nostre preoccupazioni, siamo presenti ad esse ed assenti al presente e quindi alla vita, grazie al respiro ci alleniamo a ritornare al presente e quindi a vivere.
Quando pratichiamo la meditazione siamo sottoposti a tutta una serie di stimoli sensoriali, e mentali, ma essi non sono un problema, lo diventano se investiamo su di essi e a quel punto significa che ci siamo distratti. Quando ci distraiamo entriamo nella logica e nell’incatenamento della distrazione. Abitualmente giudichiamo tutta una gamma di pensieri come giusti, buoni ed adeguati mentre tutta un’altra gamma viene giudicata malevola ed inadeguata.
Nella meditazione impariamo a fare esattamente il contrario: non giudichiamo i pensieri e quindi non seguiamo quelli che riteniamo belli e rifiutiamo quelli che riteniamo brutti, sapendo che i pensieri ci possiedono nella misura in cui noi li possediamo, essi sono reali nella misura in cui noi gli diamo realtà. Lasciamo quindi tutti i tipi di pensieri e di esperienze sorgere senza intervenire lasciando “tutto così com’è”. In un certo senso dobbiamo vedere la nostra mente come il cielo in cui i pensieri sono come nuvole che si condensano e si dissolvono da sole spontaneamente.
LA MEDITAZIONE IN AZIONE
Per quanto riguarda la meditazione in azione, si tratta essenzialmente di portare nella vita quotidiana gli aspetti di accoglienza, benevolenza, lucidità sviluppati nella meditazione seduta. Abitualmente non siamo molto contenti delle cose come vanno e ci lamentiamo del nostro vicino, del nostro datore di lavoro, del nostro coniuge, della società e della politica. Nella meditazione in azione si apprende innanzitutto a interrompere il rifiuto delle situazioni che non ci piacciono e capire che tutte le situazioni e soprattutto quelle problematiche sono dei richiami alla pratica.
La proposta del Dharma non è quella di scappare dai problemi , ma quella di viverli nel modo giusto, con un’altra intelligenza e con un’altra visione. Essenzialmente si tratta di portare nella vita quotidiana un atteggiamento di non aggressività, di non violenza e di non lotta. L’aggressività, le emozioni conflittuali e problematiche si sviluppano a partire da ciò che tradizionalmente si chiama dualità, ovvero un meccanismo cognitivo in cui l’esperienza viene tagliata in due: me e l’altro.
Più si solidifica questa dualità, più i poli si contrappongono e più si scontrano. La proposta della meditazione è quella di rilassare questa tensione fondamentale ovvero quella di soggetto ed oggetto e andare oltre l’ego e il suo territorio per aprirci all’altro e al suo mondo.
La meditazione ci fa superare l’atteggiamento paranoico e difensivo dell’ego per farci aprire all’altro senza volerlo possedere o negarlo. In questa apertura si comunica veramente con l’altro e lo si conosce veramente.
Quando noi agiamo nella vita quotidiana spesso siamo in uno stato di presenza negativa, ovvero la nostra mente non è nel presente, ma altrove. Ad esempio quando sbucciamo una patata stiamo pensando ai nostri conti oppure siamo presi da qualsiasi altra fantasia. Ma questa presenza autentica non è neanche l’auto-osservazione, in cui io mi osservo mentre sbuccio una patata, in quanto questo tipo di autoconsapevolezza può portare a pensieri di giudizio e di valutazione che ci fanno al contrario divenire molto maldestri. In questo atteggiamento infatti, c’è ancora la presenza dell’ego e c’è ancora una spaccatura con l’esperienza.
La presenza autentica è invece quando l’ego non c’è più, quando diviene trasparente ed è solo allora che facciamo veramente corpo con l’esperienza e siamo totalmente adeguati ed aderenti ad essa.