“Lasciare la mente “assorbita unicamente” è la pratica della meditazione. All’inizio, la mente non ha né libertà né autonomia e non resta ferma, neanche un solo istante: appaiono continuamente svariati pensieri. Rimanendo attenti a una sola cosa, la mente acquisisce potere su se stessa e questo è il senso della pratica chiamata “la meditazione della stabilizzazione della mente”; è l’apprendimento della “tranquillità della mente”, shamatha in sanscrito, restare tranquilli, shine in tibetano.”
Kyabje Kalu Rinpoche
INTRODUZIONE
Quello che noi abitualmente chiamiamo “buddhismo“, in tibetano viene reso con il termine “Nang-a Sangye pa’i cho“, che può essere tradotto come “Insegnamento interiore del Buddha“.
Ciò mette in risalto che l’insegnamento del Buddha riguarda la nostra mente ed in particolare come noi conosciamo e come noi ci relazioniamo alle situazioni. L’insegnamento del Buddha in essenza si occupa della conoscenza della conoscenza. La meditazione è lo strumento principale per attuare questa conoscenza. E’ bene sottolineare, sin dall’inizio, che la meditazione non è una sorta di introversione o un ripiegare su se stessi, bensì un’apertura verso la totalità della nostra esperienza che comprende noi stessi, ma anche gli altri e il mondo.
La meditazione in essenza è stabilire una sana relazione con la nostra esperienza, con il nostro vissuto. Si inizia a stabilire, nella meditazione seduta, la giusta relazione con i pensieri e con le emozioni e progressivamente si integra questa esperienza con le persone e con le situazioni della vita quotidiana. La meditazione ci libera dalle illusioni e dai condizionamenti e quindi dai conflitti. Essa ha uno spirito eminentemente pratico, al contrario di quello che si può pensare in quanto, permettendoci di coltivare una presenza lucida e disimpegnata, essa ci consente di essere pienamente disponibili a rispondere nel modo più efficiente e più evolutivo a qualsiasi situazione della vita quotidiana.